Jobs spara su Google e RIM: software e App Store i punti forti di Apple

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Per quale motivo Steve Jobs ha sparato a zero su RIM, ma soprattutto sul mezzo partner e mezzo concorrente Google, durante l’incontro per il riassunto dei dati fiscali dell’ultimo trimestre? Perché non aspettare domani, quando durante l’evento delle 19 Steve sarà di fronte a tutta la blogosfera e metà degli utenti collegati ad internet?

Perché probabilmente la prossima occasione per parlare di iOS sarebbe stata a gennaio alla presentazione (praticamente scontata) del nuovo iPad, in quanto l’evento di domani è focalizzato su Mac OS X. E con la stagione natalizia alle porte Jobs doveva far sentire la sua voce sugli ultimi sviluppi del mercato della telefonia mobile.

Prima è toccato a RIM, che con il suo Torch non è riuscita a fare colpo, e si è meritata l’appellativo di “hardware company” che a Cupertino significa: “compagnia che mette insieme pezzi di elettronica senza cuore”. Poco supporto per gli sviluppatori e uno store per le app povero sono punti troppo deboli, a detta di Jobs, perché RIM possa riuscire a recuperare Apple nelle vendite.

Poi è toccato a Google, che nonostante si sia meritata le lodi di Jobs per essere l’unico vero concorrente ad iPhone, e l’unica altra piattaforma ad avere guadagnato il suo spazio, è stata invece attaccata per il suo sbandierare il termine open.

Jobs ha portato come esempio l’app TweetDeck, che ha dovuto essere convertita in 100 differenti versioni per 244 dispositivi, creando una frammentarietà dell’offerta per gli utenti (e un grosso grattacapo per gli sviluppatori). Se un developer sviluppa per iOS sa che c’è una sola versione che deve compilare e un solo luogo dove la può vendere, l’App Store (che paga puntualmente i suoi sviluppatori), mentre su Android gli Store di Vodafone, Verizon e Amazon non fanno altro che complicare la situazione.

Apple, ha ripetuto più volte Jobs, è una compagnia che fa software prima di tutto in un mercato hardware-centrico. Ha persino accusato i produttori di telefoni di creare i dispositivi più economici possibili e incrociare le dita per poi sperare che funzionino bene con un futuro aggiornamento software.

Apple, al contrario, crea il software che vuole, e ci costruisce attorno l’harwdware per farlo girare. E in genere non si tratta di hardware economico o scadente.

Ora la palla passa agli sviluppatori, che dovranno scegliere se optare per il 70% dei guadagni sulla vendita dell’app, o avventurarsi nella giungla che la frammentazione del mercato di Android ha creato, e agli utenti.

via | TiPb

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