App Store ha bisogno di trasparenza

Spread the love

app-store-trasparenza

Navigando in rete mi sono imbattuto in questo articolo di Brett Kelly su TUAW, in cui racconta come la mancanza di trasparenza su App Store possa a volte ricadere direttamente sugli utenti finali. Brett aveva deciso di eleggere a centro delle sue comunicazioni il servizio Google Voice, per il quale era disponibile un client iPhone. Apple però, dopo un primo sì, ha deciso che il matrimonio tra GV e iPhone “non s’aveva da fare”.

Sono dell’idea che essendo una sua creazione, Apple può decidere di gestire App Store come meglio crede. Se l’assenza di applicazioni a luci rosse può essere giustificata attraverso il rispetto di determinati principi etici e attraverso un’esplicita regola che ne vieta la presenza, molte altre esclusioni non trovano valide motivazioni.

Le dichiarazioni ufficiali rilasciate da Apple in occasione dell’esclusione dei client per il servizio di Google Voice parlano di una duplicazione di una funzione nativa di iPhone. Sappiamo tutti però, che probabilmente la vera causa è la concorrenza esercitata dal servizio di BigG nei confronti di AT&T, dato che a differenza dei software come Skype, Google Voice utilizza la tradizionale rete telefonica e non da un piano dati.

Se non bastasse, un’altra conferma della necessità di trasparenza, è il blocco della funzione tethering, nel firmaware 3.1, per gli utenti che non utilizzano SIM di uno degli operatori ufficiali di iPhone, anche in paesi dove questo può essere acquistato senza vincolarsi ad un carrier.

A costo di ripetermi, Apple può gestire come meglio crede il suo Store, ma dovrebbe farlo almeno nel rispetto delle regole da lei stessa create e del lavoro di chi ha contribuito a rendere grande l’App Store, considerando un po’ di più le necessità e le richieste dei suoi utenti.

Lascia un commento